Madre Lalìa

Casa di riposo S. Caterina da Siena - Firenze - Madre Lalìa

Venerabile Madre Maria Antonia Lalìa

Rachele Lalìa nacque il 20 maggio 1839 a Misilmeri (Palermo). Figlia di un magistrato siciliano, nel 1856 entrò nel locale Collegio di Maria, retto dalle Suore Domenicane, e lì si formò alla scuola di San Domenico e di Santa Caterina da Siena, che amò con particolarissima devozione.

Nel 1856 prese l’abito domenicano assumendo il nome della madre defunta: Maria Antonia del Sacro Cuore. Numerose grazie mistiche caratterizzarono il primo periodo della sua vita religiosa, tutta dedita alla preghiera ed alla penitenza.

Spinta da impulso soprannaturale, volle presto prodigarsi per la salvezza delle anime e si servì sia della parola che della penna, indirizzando lettere anche ai potenti del suo tempo, specialmente a Napoleone III (1808 – 1873) ed allo Zar Alessandro II (1818 – 1881).

Il primo pensiero a Roma è legato ad alcune visioni del 1863 che le aprirono il velo del futuro sulla sua missione di fondatrice e nel 1877 fece voto di recarsi in Russia «per fondare un collegio dell’ordine domenicano con 33 suore, per educare le fanciulle cristianamente nella capitale dell’impero della Russia [San Pietroburgo]».

Nel 1865 fu eletta superiora del Collegio di Maria e poi riconfermata successivamente fino al 1890. L’anelito missionario però la spingeva verso grandi ideali e, sostenuta dal suo direttore spirituale, padre Vincenzo Lombardo O.P. (celebre oratore sacro, 1836 – 1909), appena fu libera dall’ufficio di Superiora, partì per Roma, con l’idea di proseguire verso la Russia: era il 4 settembre 1891. Priva di denaro, ma ricca di fede, intendeva chiedere alla Santa Sede l’autorizzazione di recarsi a San Pietroburgo, per fondarvi un collegio cattolico.

Entrata nella chiesa romana di Santa Maria sopra Minerva, dove è sepolto il corpo di Santa Caterina da Siena, affidò alla Santa domenicana il suo progetto, pronta ad eseguire la Volontà di Dio, fidandosi ciecamente della Divina Provvidenza… ed il Signore intervenne ben presto. Il domenicano padre Alberto Lepidi (teologo, Maestro del Sacro Palazzo, 1838 – 1925), provata la sua virtù, ne favorì le ardenti aspirazioni, ma era del parere che Madre Antonia sarebbe potuta andare «in missione all’estero, dopo che in questa città si fossero formate le missionarie, eredi della nostra Santa Madre Caterina». Così ebbe inizio l’idea di una nuova fondazione, a scopo chiaramente missionario. Ma in seguito lo stesso padre Lepidi, presagendo forse qualcosa del futuro, dirà alla Madre: «In Russia andranno le tue figlie, non tu. La tua Russia è Roma».

Il 15 ottobre 1891, ispirata a recarsi nella basilica di San Clemente dei Padri Domenicani irlandesi, seppe che c’era la possibilità di avere i locali del Monastero di San Sisto (dove, nel 1222, San Domenico aveva insediato le prime monache domenicane di clausura), che erano in loro possesso e, dopo varie trattative, li ricevette in consegna… ma in quali condizioni! In seguito alla presa di Roma, il Monastero era stato soppresso e i beni incamerati dallo Stato (era l’anno 1873); furono risparmiate la basilica attigua al monastero, metà dell’aula capitolare — quella affrescata — e poche stanze adiacenti alla chiesa. Il municipio di Roma adibì il convento a deposito di materiale di vario genere e a rimessa di carri funebri. Il refettorio di San Domenico fu trasformato in scuderia; la parte dell’aula capitolare incamerata, in deposito di fieno per i cavalli delle pompe funebri.

Aiutata da due consorelle venute da Misilmeri, il 17 gennaio 1893 dava inizio alla nuova istituzione e, subito dopo, alla prima forma di apostolato a favore della gente povera della zona: la catechesi ai ragazzi, con la preparazione ai Sacramenti.

I primi tempi furono particolarmente duri, data la grande povertà, ma il fervore spirituale era tale che i sacrifici venivano affrontati con amore: talvolta il cibo non era sufficiente e si cedeva facilmente persino il letto alle giovani che restavano per il ritiro di preparazione alla prima Comunione. Con l’aiuto del sindaco di Roma, delle Regine Margherita (1851 – 1926) ed Elena (1873 – 1952) di vari amici e dame di corte palermitane, alcuni locali di San Sisto vennero riscattati e ristrutturati e la culla dell’Ordine Domenicano in Roma riacquistò a poco a poco un maggiore decoro.

Nel giro di pochi anni, in mezzo a stenti e incomprensioni, riuscì a ridare decoro e vita all’antico complesso sistino e, a poco a poco, cominciarono ad affluire le vocazioni.

Madre Lalìa provvedeva personalmente alla formazione delle Novizie, a cui infondeva il proprio ardore di carità, l’anelito apostolico-missionario, l’amore all’umiltà ed allo spirito di penitenza. Voleva che fosse ben curata la loro preparazione culturale, il canto sacro e lo studio delle lingue straniere.

Per far fronte alle richieste di fondazioni che cominciavano ad arrivare da varie parti d’Italia, provvide a far diplomare le giovani suore come insegnanti di Scuola Materna ed Elementare.
In quel periodo Madre Lalìa presentò persino una supplica al S. Padre Pio X (1835 – 1914), perché prendesse in esame il problema delle suore studenti e l’opportuna creazione, a Roma, di un Istituto adatto alle loro esigenze, per impedire il pericolo di ambienti e materie di studio non conformi ai dettami evangelici e quindi pericolosi per le giovani religiose.

Presto cominciarono a germogliare i primi frutti e, nel volgere di pochi anni, San Sisto divenne la Casa-Madre della Congregazione, da cui le suore si diressero verso altre sedi, per diffondere Cristo anche altrove. Esse furono chiamate:

  • nel 1895 ad Asti per assistere gli ammalati e curare la formazione cristiana delle giovani;
  • nel 1896 – 97 dal Beato Bartolo Longo (1841 – 1926) a Latiano (Brindisi) presso i poveri dell’Ospizio di mendicità ed a Pompei per curare i figli dei carcerati;
  • nel 1890 a Ceglie Messapico (Brindisi) per l’apertura dell’Istituto S. Cuore, che fu centro di numerose opere a favore della gioventù; e poi anche nell’Ospedale locale, per l’assistenza agli ammalati;
  • nel 1900 a Sassari, per la fondazione di opere educative;
  • nel 1901 a Berna, presso gli emigranti italiani e poi a San Mauro Castelverde (Palermo), per l’assistenza agli infermi a domicilio;
  • nel 1904 a Palermo, dove sorse l’Istituto S. Rosa.
    Ovunque le suore si prodigarono in opere di bene verso i più poveri, nell’assistenza dei sofferenti e nell’educazione dei fanciulli e delle giovani, con amore e dedizione, attirando così la simpatia di tutti.

Ma non tutte le suore erano esemplari, a partire dal 1907 ci furono una serie di spiacevoli episodi che vennero a conoscenza delle autorità ecclesiastiche e che misero in cattiva luce la Madre, ormai anziana e malata; si mormorava che la Madre sarebbe stata incapace di guidare la congregazione, troppo facile ad aprire nuove Case, mentre invece molte suore avrebbero mancato di formazione religiosa.

Per accertare la consistenza di queste voci l’Autorità ecclesiastica incaricò una suora (esterna alla congregazione) di svolgere una Visita Apostolica. La Visitatrice era negativamente prevenuta e stese un rapporto che indusse l’Autorità ad esonerare la Madre Lalìa dal governo della congregazione da lei stessa fondata.

Il 10 maggio 1910 la Madre lasciò San Sisto e si ritirò a Ceglie Messapico, dove ebbe il conforto di conoscere e di essere spiritualmente diretta dal canonico Annibale Maria Di Francia (1851 – 1927, canonizzato nel 2004). Sopportando con eroismo le infermità fisiche, le umiliazioni e i dolori provocati dalle mancanze di alcune delle sue figlie, la Madre Lalìa giunse al Giovedì Santo (9 aprile) del 1914, quando, stesa sul letto della sua infermità con le braccia aperte a forma di croce, rese la sua anima a Dio.

Nel 1939 le spoglie mortali della Madre furono traslocate a Roma e tumulate nell’Aula Capitolare di San Sisto Vecchio. Nel 1985 il Vescovo di Oria, Mons. Armando Franco, ha introdotto il processo di beatificazione della Madre. Un ulteriore passo è stato fatto il 5 giugno 2015, quando la Madre è stata dichiarata venerabile.